Novembre 10, 2025
testamento non valido

Quando si parla di validità di un testamento, una delle questioni più delicate riguarda lo stato di salute mentale del testatore al momento della redazione. Non tutti sanno, però, che la semplice debolezza di mente o la malattia non bastano a rendere nullo un testamento: serve una incapacità totale di intendere e di volere, e chi contesta l’atto deve dimostrarlo con prove concrete.

Vediamo più da vicino cosa significa “incapacità non assoluta” e come funziona l’onere della prova in questi casi.

Testamento valido: incapacità non assoluta e onere della prova

Cosa si intende per incapacità di intendere e di volere

Secondo il codice civile, un testamento è valido solo se chi lo scrive è capace di intendere e di volere al momento della sua redazione.
Questo significa che il testatore deve:

  • comprendere il significato e le conseguenze delle proprie disposizioni;

  • agire liberamente, senza essere vittima di condizionamenti esterni o stati mentali alterati.

Non serve essere perfettamente lucidi in senso medico: il diritto guarda alla capacità di comprendere e volere in quel preciso momento. Anche una persona anziana o affetta da patologie può essere pienamente capace se, durante la stesura del testamento, si trova in uno stato di lucidità sufficiente.

L’incapacità “non assoluta”

L’incapacità non assoluta si riferisce a situazioni in cui la persona non è del tutto incapace, ma presenta limitazioni parziali o temporanee nella propria capacità di intendere e volere.

Esempi comuni possono essere:

  • uno stato di confusione mentale momentanea, dovuto a farmaci, dolore o stress emotivo;

  • l’inizio di una malattia degenerativa come la demenza senile, non ancora tale da compromettere completamente la lucidità;

  • episodi di depressione profonda o dipendenza che alterano temporaneamente la volontà.

In questi casi, il testamento non è automaticamente nullo: la legge presume la capacità del testatore, e chi contesta l’atto deve dimostrare che, in quel momento, egli non era in grado di comprendere pienamente le sue azioni.

L’onere della prova: chi deve dimostrare cosa

L’onere della prova è un punto cruciale.

In base all’articolo 2697 del Codice Civile, chi afferma l’incapacità deve provarla. In altre parole, chi impugna il testamento (ad esempio un erede escluso) deve portare elementi concreti che dimostrino l’incapacità del testatore al momento della firma.

Non è sufficiente sostenere che il testatore fosse malato, anziano o affetto da disturbi cognitivi: serve una prova specifica del nesso temporale tra la malattia e l’atto testamentario.

Le prove più utilizzate in tribunale includono:

  • documenti medici (cartelle cliniche, certificati, diagnosi neurologiche);

  • testimonianze di persone presenti o che conoscevano le condizioni del testatore;

  • perizie medico-legali che ricostruiscono lo stato mentale del soggetto al momento della stesura.

L’approccio della giurisprudenza

La giurisprudenza italiana è chiara: la presunzione di capacità è la regola, e la nullità del testamento è l’eccezione. La Cassazione ha più volte ribadito che l’incapacità parziale o la semplice infermità non bastano: occorre dimostrare che l’incapacità fosse assoluta e attuale nel momento in cui il testamento è stato redatto.

In pratica, anche chi soffriva di una malattia mentale o era stato dichiarato interdetto in passato può redigere validamente un testamento se, al momento dell’atto, si trovava in un intervallo di lucidità.

Allo stesso modo, se l’incapacità è solo relativa — cioè non esclude completamente la comprensione — il testamento resta valido.

Quando un testamento può essere annullato

Un testamento può essere dichiarato nullo o annullabile solo se viene provato che il testatore:

  • non aveva piena consapevolezza delle proprie azioni;

  • era influenzato da pressioni esterne o da persone interessate;

  • si trovava in stato patologico grave, tale da impedirgli di comprendere il significato dell’atto.

In mancanza di tali elementi, il testamento rimane valido, anche se redatto in condizioni fisiche o psicologiche precarie.

Il ruolo del notaio e delle testimonianze

Nei testamenti pubblici, la presenza del notaio e dei testimoni offre una garanzia aggiuntiva. Il notaio, infatti, è tenuto a verificare che il testatore sia cosciente, consapevole e in grado di esprimersi liberamente.

Per questo motivo, impugnare un testamento pubblico è molto più difficile, poiché la figura del notaio funge da garanzia di validità.

Diverso è il caso del testamento olografo, scritto di proprio pugno: in questo caso, la valutazione della capacità si basa solo su prove esterne (mediche, testimoniali, peritali).

In sintesi

L’incapacità non assoluta non invalida automaticamente un testamento. La legge tutela la libertà testamentaria, e solo una incapacità totale e provata può annullare l’atto. Chi contesta il testamento deve quindi dimostrare con precisione che il testatore, nel momento in cui scriveva le proprie volontà, non era in grado di intendere e di volere.

In assenza di prove concrete, il testamento resta valido e produce pienamente i suoi effetti.


Domande frequenti

Cosa significa “incapacità non assoluta” nel testamento?

Si tratta di una condizione in cui la persona non è completamente priva della capacità di intendere e di volere, ma presenta solo limitazioni parziali o temporanee.

Un testamento è valido se il testatore era malato?

Sì, se la malattia non comprometteva totalmente la capacità di comprendere e volere al momento della stesura. Serve una prova che dimostri l’incapacità assoluta in quel momento.

Chi deve dimostrare l’incapacità del testatore?

Chi impugna il testamento, ad esempio un erede escluso, deve fornire prove concrete e documentate dell’incapacità.

Il testamento olografo è più facile da contestare?

Sì, perché manca la garanzia del notaio. Tuttavia, anche in questo caso serve una prova chiara e convincente dell’incapacità del testatore.

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