Vendere una casa ereditata può sembrare un’operazione semplice, ma sul piano fiscale non è sempre così. In alcuni casi, infatti, la vendita può generare una plusvalenza tassabile, cioè un guadagno che lo Stato considera reddito e quindi impone di dichiarare. Capire quando si paga la plusvalenza e quando invece non è dovuta è fondamentale per evitare brutte sorprese e pianificare la vendita in modo conveniente.
In questa guida analizziamo in modo chiaro quando scatta la tassazione, come si calcola, quali sono le eccezioni previste dalla legge e come gestire correttamente la dichiarazione dei redditi.
Quando si paga la plusvalenza sulla vendita di un immobile ereditato? Scopri la normativa
Cos’è la plusvalenza immobiliare
La plusvalenza immobiliare è la differenza tra il prezzo di vendita di un immobile e il suo valore d’acquisto o di costruzione. Se questa differenza è positiva, e quindi la casa viene venduta a un prezzo superiore rispetto a quello originario, la legge considera quel guadagno come un reddito imponibile.
Esempio:
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valore d’acquisto (o successione): 150.000 €
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prezzo di vendita: 190.000 €
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plusvalenza: 40.000 €
Questa plusvalenza, in alcuni casi, è soggetta a tassazione. Ma non sempre.
La regola generale: quando la plusvalenza è tassata
Secondo l’articolo 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), la plusvalenza si paga quando si vende un immobile:
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acquistato o costruito da meno di cinque anni,
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non adibito ad abitazione principale del venditore o dei suoi familiari.
In pratica, lo Stato tassa la vendita solo se considera l’operazione speculativa, cioè finalizzata a trarre un guadagno in tempi brevi.
Ma nel caso di immobili ereditati, le regole cambiano.
Vendita di immobile ereditato: il principio base
Quando si eredita un immobile, il periodo dei cinque anni non decorre dal momento dell’eredità, ma dalla data in cui il defunto aveva acquistato o costruito l’immobile.
Questo significa che:
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se il defunto possedeva la casa da più di cinque anni, nessuna plusvalenza è dovuta, anche se tu la vendi subito dopo averla ereditata;
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se invece il defunto l’aveva comprata da meno di cinque anni, e tu la vendi con un prezzo maggiore, la plusvalenza può essere tassata.
In altre parole, l’Agenzia delle Entrate considera la continuità tra il defunto e l’erede ai fini fiscali.
Quando la plusvalenza non si paga
Ci sono diversi casi in cui la vendita dell’immobile ereditato è esente da tassazione:
1. Il defunto possedeva la casa da oltre cinque anni
È la situazione più comune: se il precedente proprietario deteneva l’immobile da più di cinque anni, la vendita è sempre esente da plusvalenza, indipendentemente dal prezzo di cessione.
2. La casa era l’abitazione principale del defunto o dell’erede
Non si paga la plusvalenza nemmeno se l’immobile era utilizzato come abitazione principale (residenza anagrafica e dimora abituale) del defunto o dell’erede per la maggior parte del tempo tra l’acquisto e la vendita.
3. L’immobile proviene da successione e non è mai stato oggetto di compravendita recente
Se l’immobile proviene da una successione e non è stato acquistato a titolo oneroso negli ultimi cinque anni dal defunto, non si paga nulla. Infatti, l’eredità è un “titolo gratuito” e la normativa non prevede tassazione per operazioni non speculative.
Quando invece la plusvalenza si paga
La tassazione scatta solo in casi specifici, ad esempio:
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il defunto aveva acquistato l’immobile da meno di cinque anni;
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l’immobile non era abitazione principale;
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la vendita avviene a un prezzo superiore al valore dichiarato nella successione o all’acquisto;
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e non si rientra in nessuna delle esenzioni previste.
In questo caso, il guadagno realizzato è tassabile come reddito diverso, e può essere tassato in due modi.
Come si calcola la plusvalenza
Il calcolo della plusvalenza avviene in modo abbastanza preciso:
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Si parte dal prezzo di vendita indicato nell’atto notarile.
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Si sottrae il valore dell’immobile al momento dell’acquisto o dell’eredità (determinato nella dichiarazione di successione).
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Si possono dedurre le spese documentate sostenute per:
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lavori di ristrutturazione e manutenzione straordinaria;
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onorari notarili, imposte e tasse pagate al momento dell’acquisto o della successione;
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spese di intermediazione immobiliare.
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La differenza è la plusvalenza imponibile, su cui si applica l’imposta.
Quanto si paga: tassazione e imposta sostitutiva
La tassazione della plusvalenza sulla vendita di un immobile ereditato può avvenire in due modi:
1. Imposta sostitutiva del 26%
In sede di rogito, puoi chiedere al notaio di applicare una tassazione immediata con imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza. In questo modo l’imposta viene pagata subito, e la plusvalenza non va dichiarata nei redditi.
2. Tassazione ordinaria IRPEF
In alternativa, puoi dichiarare la plusvalenza nel modello 730 o Redditi PF, sommando l’importo agli altri redditi. In questo caso la tassazione segue gli scaglioni IRPEF, e può essere più alta o più bassa a seconda del reddito complessivo.
La scelta conviene valutarla con un consulente fiscale o notaio, perché l’imposta sostitutiva è più semplice ma non sempre la più conveniente.
Un esempio pratico
Immagina che tu erediti da tuo padre un appartamento:
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acquistato nel 2022 per 200.000 €;
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dichiarato in successione con lo stesso valore;
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venduto nel 2025 a 260.000 €.
Poiché il defunto lo aveva comprato meno di cinque anni prima della vendita, e non era abitazione principale, la plusvalenza è tassabile:
260.000 – 200.000 = 60.000 € di plusvalenza.
Puoi scegliere se pagare:
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26% di imposta sostitutiva (15.600 €) al momento del rogito, oppure
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dichiarare i 60.000 € nel 730 e pagarci sopra l’IRPEF secondo il tuo scaglione.
Documenti da conservare
Per evitare contestazioni, è sempre bene tenere traccia di:
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atto di provenienza (successione, donazione o acquisto originario);
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dichiarazione di successione con valore dell’immobile;
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fatture di lavori e spese che si vogliono dedurre;
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atto di vendita con prezzo dichiarato;
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eventuali certificati di residenza (per dimostrare l’abitazione principale).
Questi documenti sono fondamentali in caso di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Come evitare la tassazione della plusvalenza
Ci sono alcuni accorgimenti legali e perfettamente leciti per evitare la tassazione:
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attendere i cinque anni dall’acquisto originario del defunto prima di vendere;
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dimostrare che l’immobile era abitazione principale;
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documentare spese di ristrutturazione, che riducono la plusvalenza imponibile;
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valutare la donazione a titolo gratuito in casi particolari, che non genera plusvalenza al momento del trasferimento.
Quando si paga la plusvalenza sulla vendita di un immobile ereditato? Scopri la normativa
Vendere un immobile ereditato può comportare o meno il pagamento della plusvalenza, a seconda di quando e come l’immobile è stato acquistato dal defunto, e dell’uso che ne è stato fatto. In linea di massima, se il defunto lo possedeva da più di cinque anni o lo utilizzava come abitazione principale, non devi pagare nulla.
In caso contrario, la plusvalenza è tassabile al 26% o con IRPEF ordinaria, a seconda della scelta fatta in atto.
Informarsi bene prima di vendere è sempre la mossa più saggia: una semplice consulenza con un tecnico o notaio può evitare errori costosi e garantire una gestione corretta dell’eredità.
