Novembre 16, 2025
Violenza sessuale e screenshot

La sentenza n. 325 del 15 settembre 2025 del Tribunale di Genova (Pres. Cascini, Giudicante Est. Crucioli) rappresenta un precedente importante sul tema dell’utilizzo degli screenshot nel processo per violenza sessuale e sull’equilibrio tra prova digitale e tutela della privacy.

Secondo il Tribunale, non basta avere a disposizione screenshot o conversazioni salvate su telefono: bisogna rispettare le garanzie costituzionali, in particolare l’articolo 15 della Costituzione (segretezza della corrispondenza) e le norme del codice di procedura penale — in particolare l’art. 254, comma 2, e l’art. 353.

Ecco come il giudice ha motivato la decisione e quali criteri emergono per l’ammissione delle prove digitali.

Violenza sessuale: uso degli screenshot del cellulare e limiti all’acquisizione – la sentenza n. 325 Genova

Il principio stabilito: “lo screenshot non è una prova libera”

Secondo il Tribunale, la messaggistica archiviata nei telefoni cellulari non può essere acquisita liberamente come documento qualsiasi. Deve soggiacere alla disciplina dell’art. 254 c.p.p., che impone:

  • un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria per giustificare la compressione della privacy;

  • che la Polizia Giudiziaria possa solo acquisire materialmente il dispositivo, senza accedere direttamente al contenuto senza autorizzazione;

  • che l’accesso e l’apertura del contenuto (simile ai “plici” postali) debba passare attraverso l’art. 353 c.p.p. con l’autorizzazione del pubblico ministero, nei casi in cui il ritardo potrebbe compromettere la prova.

In altri termini, il semplice consenso del soggetto indagato non basta a sostituire un provvedimento giudiziario che autorizzi l’acquisizione dei messaggi.

Il caso concreto e le modalità di acquisizione

Nel caso esaminato:

  • il cellulare dell’imputato è stato consegnato in presenza del difensore e analizzato durante l’interrogatorio davanti al Pubblico Ministero;

  • i messaggi tra imputato e vittima sono stati visionati anche analizzando il telefono della vittima stessa, superando la questione degli screenshot autonomi;

  • in questo contesto, il Tribunale ha considerato che il dictum restrittivo sull’uso degli screenshot “in via meramente documentale” potesse essere superato.

In pratica, pur riconoscendo la regola, il Tribunale ha accettato l’uso delle conversazioni digitali perché ottenute con modalità che garantivano la trasparenza e la presenza della difesa.

Le regole applicabili: dai provvedimenti motivati al contraddittorio

Da questo orientamento derivano criteri chiave che devono essere rispettati per ammettere prove digitali nei casi di violenza sessuale:

  1. Provvedimento giudiziario motivato
    L’acquisizione del contenuto digitale richiede un provvedimento del giudice che giustifichi la compressione della riservatezza, secondo art. 254 c.p.p.

  2. Limitazione dell’accesso diretto
    La Polizia può prendere il dispositivo, ma non accedere al contenuto senza autorizzazione. L’apertura della comunicazione sotto forma di “plico” richiede l’autorizzazione prevista dall’art. 353 c.p.p.

  3. Partecipazione del difensore
    La consegna e le operazioni sul dispositivo devono avvenire con la presenza del difensore o garantendo che la difesa abbia accesso alle stesse informazioni (o copie forensi).

  4. Valutazione critica e autenticità
    Non basta che le chat siano prodotte: bisogna dimostrare che non siano state manipolate, conservando la catena di custodia e i metadati utili ad accertarne l’integrità.

  5. Bilanciamento con la privacy della vittima
    L’uso delle prove digitali deve rispettare il principio di proporzionalità, evitando che dati estranei al reato o troppo intimi vengano acquisiti indebitamente.

Implicazioni pratiche per difesa e accusa

  • La difesa dovrà sempre contestare la modalità di acquisizione dei messaggi se non conformi alla normativa, chiedendo l’esclusione delle prove illegittime.

  • L’accusa dovrà motivare con chiarezza perché è necessario intervenire su dati personali, dimostrando il nesso con il reato contestato.

  • I consulenti tecnici informatici devono essere nominati con chiarezza, eseguendo estrazioni forensi, preservando metadati, predisponendo copie scrupolose e documentando ogni passaggio.

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