La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su uno dei temi più discussi del diritto penale italiano: la non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’articolo 131-bis del Codice Penale.
Con una recente sentenza, la Suprema Corte ha stabilito un principio importante e ormai consolidato: chi è considerato delinquente abituale, professionale o per tendenza non può beneficiare dell’esclusione della punibilità per tenuità del fatto, anche se il reato commesso è di scarsa gravità.
Una decisione che ribadisce la linea rigorosa della Cassazione nei confronti di chi mostra una pericolosità sociale consolidata, e che merita di essere analizzata a fondo per comprenderne le implicazioni pratiche e giuridiche.
Cassazione: Niente Tenuità del Fatto per Delinquenti Abituali
Cos’è la “tenuità del fatto”
L’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto nel 2015, consente al giudice di dichiarare non punibile un reato quando ricorrono tre condizioni:
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il fatto è di particolare tenuità (quindi di minima offensività o dannosità);
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il comportamento dell’imputato non è abituale;
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il reato è punito con pena detentiva non superiore a cinque anni o con pena pecuniaria.
L’obiettivo di questa norma è duplice:
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evitare processi inutili per reati di lieve entità (come piccoli furti o danneggiamenti);
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privilegiare la proporzionalità della pena, concentrando la repressione sui fatti realmente gravi.
Tuttavia, la legge pone un limite chiaro: chi commette reati abitualmente o mostra una condotta criminale sistematica non può godere di questo beneficio.
Cosa ha deciso la Cassazione
Con la sentenza n. 33849 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che la tenuità del fatto non può essere applicata a chi è delinquente abituale o professionale, neppure se il reato contestato appare di lieve gravità.
La Corte ha sottolineato che:
“Il requisito dell’occasionalità della condotta è incompatibile con la qualifica di delinquente abituale, professionale o per tendenza, poiché in tali casi il comportamento criminoso non rappresenta un episodio isolato, ma una manifestazione di un atteggiamento radicato e stabile nel tempo.”
In sostanza, l’abitualità criminale esclude automaticamente la possibilità di invocare la particolare tenuità del fatto, poiché viene meno uno dei presupposti essenziali: la non abitualità della condotta.
Chi è considerato “delinquente abituale”
La figura del delinquente abituale è disciplinata dagli articoli 102 e seguenti del Codice Penale. Secondo la legge, una persona può essere dichiarata delinquente abituale se:
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ha commesso più reati della stessa indole (ad esempio, più furti, più truffe, più danneggiamenti);
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la reiterazione dimostra una tendenza stabile al crimine;
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la recidiva è tale da escludere che il fatto sia un episodio isolato o accidentale.
La dichiarazione di abitualità può essere:
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obbligatoria, quando il soggetto ha riportato più condanne per delitti dolosi;
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facoltativa, quando il giudice ritiene che la personalità dell’imputato riveli una propensione al delitto anche in assenza di recidiva obbligatoria.
In entrambi i casi, la Cassazione considera questa condizione incompatibile con l’applicazione dell’art. 131-bis.
Il principio di “non abitualità” e la ratio della norma
Il principio cardine dell’articolo 131-bis è la non abitualità del comportamento. Il legislatore ha voluto riservare la possibilità di dichiarare la tenuità del fatto solo a chi commette un reato sporadico o di lieve impatto sociale, non a chi manifesta una propensione stabile a delinquere.
La Cassazione, nella sua sentenza, chiarisce che:
“La particolare tenuità del fatto è incompatibile con una personalità del reo caratterizzata da persistente inclinazione al crimine, poiché tale atteggiamento rende socialmente pericoloso anche il fatto apparentemente lieve.”
In altre parole, non conta solo la gravità oggettiva del reato, ma anche il profilo soggettivo dell’autore: se è un recidivo o un soggetto con precedenti penali, la “tenuità” perde senso perché la condotta non è più un episodio isolato, ma un segno di continuità delinquenziale.
Casi pratici affrontati dalla Cassazione
La sentenza n. 33849/2024 trae origine da un caso concreto: un imputato, già condannato più volte per furti e danneggiamenti, aveva chiesto di beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto in relazione a un furto di modesta entità.
Il Tribunale aveva respinto la richiesta, e la decisione è stata confermata in appello. L’imputato ha quindi fatto ricorso in Cassazione, sostenendo che il valore esiguo del bene rubato (poche decine di euro) e la mancanza di violenza giustificassero l’applicazione dell’art. 131-bis.
La Suprema Corte, però, ha confermato le decisioni precedenti:
“Non è la scarsa entità del danno a determinare la tenuità del fatto, ma il contesto complessivo della condotta e la personalità del reo. L’abitualità nel delinquere esclude ogni valutazione di lievità.”
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e l’imputato condannato anche al pagamento delle spese processuali.
Le conseguenze pratiche della decisione
La pronuncia della Cassazione ha effetti concreti e importanti:
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chi è stato dichiarato delinquente abituale o recidivo reiterato non potrà mai invocare la tenuità del fatto, neppure per reati minori;
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i giudici di merito, di fronte a imputati con precedenti, dovranno verificare la presenza di abitualità o recidiva specifica prima di applicare l’art. 131-bis;
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l’esclusione della tenuità può comportare condanne anche per reati di minima entità, se commessi da soggetti con un passato criminale significativo.
In pratica, la Cassazione afferma un principio di rigore e coerenza: la clemenza dell’ordinamento non può essere concessa a chi dimostra di non aver imparato dai propri errori.
La differenza tra recidiva e abitualità
È utile distinguere due concetti spesso confusi:
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la recidiva è la semplice reiterazione di reati nel tempo (anche di natura diversa);
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l’abitualità è invece un vero e proprio stato di pericolosità sociale, accertato dal giudice, che trasforma il comportamento criminale in una caratteristica stabile della personalità del reo.
La Cassazione ha chiarito che anche la recidiva reiterata e specifica può bastare per escludere la particolare tenuità del fatto, quando dimostra un comportamento non occasionale ma sistematico.
Cosa resta della tenuità del fatto
La non punibilità per particolare tenuità del fatto resta un istituto importante e utile per i reati di minima entità, ma deve essere applicato solo a chi non presenta una pericolosità sociale evidente.
La Cassazione, con questa sentenza, vuole evitare che l’art. 131-bis diventi un “salvacondotto” per chi commette piccoli reati in modo ripetuto o come parte di un’attività delinquenziale costante. L’intento è quello di preservare l’eccezionalità del beneficio e garantire che venga riservato ai casi davvero meritevoli di esclusione della pena.
Cassazione: Niente Tenuità del Fatto per Delinquenti Abituali
La sentenza della Corte di Cassazione conferma una linea rigorosa e coerente: nessuna tenuità del fatto per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Anche se il reato appare di lieve entità, la condotta reiterata e la pericolosità sociale rendono il soggetto non meritevole di esclusione dalla punibilità.
Il messaggio della Suprema Corte è chiaro: la clemenza dell’ordinamento è riservata a chi sbaglia una volta, non a chi vive di reati e persevera nel delinquere. Una posizione che rafforza la fiducia nella funzione rieducativa e preventiva della pena, e che riafferma la distinzione tra errore isolato e comportamento criminale sistematico.
