Il conto corrente cointestato è una soluzione pratica per gestire spese comuni, risparmi di coppia o patrimoni familiari. Tuttavia, dietro questa apparente comodità si nasconde una trappola legale che pochi conoscono: effettuare un bonifico personale da un conto cointestato può avere conseguenze penali.
Negli ultimi anni diversi tribunali, compresa la Corte di Cassazione, hanno chiarito che utilizzare somme comuni per fini personali — senza il consenso dell’altro intestatario — può configurare appropriazione indebita.
Vediamo come funziona la regola, quando scatta il reato e come tutelarsi.
Conto cointestato: attenzione al bonifico personale, può diventare reato
Cosa significa “conto cointestato”
Un conto cointestato è un rapporto bancario intestato a due o più persone, che possono operare in modo:
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disgiunto, se ciascun cointestatario può muovere il conto senza l’autorizzazione dell’altro;
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congiunto, se sono necessarie le firme di tutti per effettuare operazioni.
Nella maggior parte dei casi (come per coppie, familiari o soci), si opta per la cointestazione disgiunta, che consente a ciascuno di effettuare prelievi e bonifici liberamente.
Ma attenzione: la libertà operativa non significa libertà di proprietà.
Proprietà del denaro: metà per ciascuno? Non sempre
Molti pensano che, in un conto cointestato, il denaro appartenga automaticamente al 50% a ciascun titolare. In realtà non è sempre così.
La Cassazione ha più volte chiarito che la presunzione di comproprietà vale solo in assenza di prova contraria. Se si dimostra che il denaro proviene interamente da uno dei due, allora quel denaro resta di esclusiva proprietà del titolare originario.
In parole semplici: se su un conto cointestato marito e moglie confluiscono solo gli stipendi del marito, quei soldi sono suoi, anche se il conto è intestato ad entrambi.
Quando il bonifico diventa reato
Il problema nasce quando uno dei due cointestatari effettua un bonifico o un prelievo a favore proprio (o di terzi) senza il consenso dell’altro e utilizzando somme che non gli appartengono.
In questo caso può configurarsi il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), perché si tratta di un comportamento che:
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viola il diritto di proprietà dell’altro cointestatario;
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non trova giustificazione nel solo potere di disporre tecnicamente del conto;
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comporta l’intenzione di trattenere o disporre di somme altrui come se fossero proprie.
In altre parole, non è tanto il bonifico in sé a essere illecito, ma l’uso indebito di denaro che non è tuo anche se formalmente hai accesso al conto.
Esempio pratico
Immaginiamo un conto cointestato tra due conviventi, alimentato per lo più dai versamenti di lei. Lui, senza avvisarla, effettua un bonifico di 10.000 euro sul proprio conto personale per “mettere da parte qualcosa”.
In caso di denuncia, il giudice può ritenere che:
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il denaro proveniva esclusivamente da lei;
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il bonifico non era giustificato da spese comuni;
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l’atto integra una appropriazione indebita perché lui ha disposto di somme non sue.
Il fatto che il conto sia cointestato non lo esonera dalla responsabilità penale.
Le sentenze più recenti
La giurisprudenza ha ribadito il principio in più occasioni:
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Cassazione penale, Sez. II, sent. n. 44959/2023: il cointestatario che trasferisce denaro dal conto comune al proprio conto personale senza il consenso dell’altro commette appropriazione indebita se il denaro proviene solo da quest’ultimo.
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Cass. Civile, n. 28839/2022: la cointestazione non comporta automaticamente la comproprietà delle somme. È necessario verificare chi ha alimentato il conto.
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Tribunale di Milano, 2024: anche il prelievo di contanti per uso personale può configurare il reato se viene dimostrato che il denaro era di esclusiva titolarità dell’altro.
Quando non c’è reato
Non tutti i movimenti sono penalmente rilevanti. L’operazione è lecita se:
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il conto è effettivamente alimentato da entrambi e il prelievo è proporzionato;
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esiste un accordo, anche implicito, sull’uso delle somme;
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il bonifico riguarda spese comuni o finalità condivise (ad esempio bollette, mutuo, acquisti per la casa).
In mancanza di prova contraria, si presume che i cointestatari abbiano pari diritti di utilizzo e proprietà.
Come tutelarsi
Per evitare problemi (e potenziali denunce), è utile seguire alcune regole di prudenza:
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Tenere traccia dei versamenti – conservare ricevute o bonifici che dimostrano chi ha alimentato il conto.
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Evitare trasferimenti verso conti personali se non esiste un accordo scritto o una giustificazione chiara.
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Preferire conti separati per gestire risparmi personali o patrimoni distinti.
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Documentare le spese comuni con note o rendiconti condivisi.
In sintesi
Il conto cointestato offre praticità, ma anche rischi. Un bonifico verso se stessi o l’utilizzo personale delle somme può trasformarsi in un reato di appropriazione indebita, se il denaro proviene solo dall’altro intestatario.
Ricorda:
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la cointestazione non cambia la titolarità effettiva delle somme;
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la libertà operativa non è una licenza di disporre liberamente dei soldi dell’altro;
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in caso di conflitto o separazione, ogni movimento non giustificato può avere rilievi penali e civili.
Domande frequenti
Posso fare un bonifico personale dal conto cointestato?
Solo se le somme provengono anche da te o se c’è accordo con l’altro intestatario. In caso contrario, rischi una denuncia per appropriazione indebita.
Se il conto è cointestato, i soldi sono automaticamente al 50%?
No. La presunzione vale solo in assenza di prova contraria. Se il denaro proviene da uno solo, è suo anche se il conto è condiviso.
Quale reato si configura se uso soldi non miei da un conto comune?
Si configura l’appropriazione indebita (art. 646 c.p.), punita con la reclusione fino a 3 anni o con multa.
Come posso evitare problemi legali?
Tieni conti separati per le spese personali, accordati per iscritto sulle somme comuni e conserva documenti che provano la provenienza dei fondi.
