Novembre 10, 2025
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Le dispute tra ex partner, soprattutto quando ci sono figli in comune, possono evolversi in situazioni di conflitto molto gravi, comprendendo anche offese e aggressioni. Tuttavia, la domanda sorge spontanea: quando questi comportamenti superano il limite e si configurano come un reato? Recentemente, la Cassazione ha affrontato un caso complesso riguardante il reato di maltrattamenti in famiglia, stabilendo criteri chiari per definire questa fattispecie.

Coppia con figli e reato di maltrattamenti: cosa dice la Cassazione

Il reato di maltrattamenti: definizione e presupposti

Il reato di maltrattamenti in famiglia, disciplinato dall’articolo 572 del codice penale, è progettato per punire chi abusa della propria posizione all’interno di una relazione familiare o di convivenza. Tuttavia, la questione si complica quando la relazione ufficiale è terminata, come nel caso di una separazione. In tali contesti, non basta avere figli in comune per considerare il comportamento dell’ex partner come maltrattamenti.

Il caso esaminato dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha dovuto esaminare un caso in cui un uomo era accusato di maltrattamenti nei confronti della sua ex partner, madre di suo figlio. L’accusa includeva insulti, aggressioni fisiche e danneggiamenti, ma la difesa sosteneva che, non essendoci più una convivenza, mancava il presupposto per configurare il reato di maltrattamenti. La Corte ha quindi dovuto valutare se fosse rimasto un legame familiare significativo tra i due ex.

La Cassazione e il concetto di rapporto familiare

La Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: la mera genitorialità condivisa non è sufficiente per costituire un rapporto familiare ai sensi dell’articolo 572. Questo è particolarmente vero quando non esiste più un legame di matrimonio o di convivenza effettiva e quando i contatti tra i due ex partner sono limitati alla gestione dei figli. In assenza di un rapporto significativo, applicare la legge sui maltrattamenti violerebbe il principio di tassatività e il divieto di interpretazione analoga a svantaggio dell’imputato.

Le conseguenze legali di comportamenti aggressivi

È importante sottolineare che, sebbene la Cassazione abbia stabilito che non tutti i comportamenti aggressivi tra ex partner possano configurare maltrattamenti, ciò non significa che l’autore delle violenze resti impunito. Infatti, la Corte ha messo in evidenza che comportamenti come insulti, aggressioni e danneggiamenti possono essere inquadrati sotto altre fattispecie penali, come gli atti persecutori, ovvero lo stalking, che non richiedono la convivenza ma si basano su comportamenti ossessivi e persecutori.

La regola generale per le coppie separate

In sintesi, la regola generale stabilita dalla Cassazione è che, dopo la conclusione di una convivenza, non è possibile applicare automaticamente il reato di maltrattamenti. Il giudice è tenuto a esaminare il caso specifico e a verificare se, oltre alla gestione dei figli, esista ancora un legame familiare o para-familiare che giustifichi tale accusa. Se tale legame è assente e i contatti tra le parti risultano conflittuali, le condotte aggressive potrebbero essere sanzionate come stalking, lesioni, minacce o danneggiamenti, a seconda dei presupposti.

Questa recente pronuncia della Cassazione offre una guida importante per le coppie separate, chiarendo quali comportamenti possano effettivamente costituire reato e quali, invece, rientrino in una mera conflittualità post-relazione. La protezione dei diritti delle vittime di violenza deve sempre essere bilanciata con i diritti di chi è accusato, in un contesto giuridico che richiede precisione e chiarezza.

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