Novembre 16, 2025
giudice deve ascoltare figli nelle cause di divorzio
Nelle cause di affido il giudice deve ascoltare i figli se hanno almeno 12 anni o sufficiente maturità. Scopri quando l’ascolto è obbligatorio, come avviene e perché è fondamentale per tutelare i minori.

Nei procedimenti di separazione e divorzio, il momento più delicato è sempre quello che riguarda l’affidamento dei figli. Decidere con chi vivranno, come verranno gestiti i rapporti con entrambi i genitori e quali saranno le modalità di visita richiede equilibrio, sensibilità e rispetto per i diritti del minore.

Proprio per questo, la legge italiana riconosce un principio fondamentale: i figli devono essere ascoltati dal giudice, se hanno raggiunto un’età e un grado di maturità adeguati per esprimere la propria opinione.

Non si tratta di una semplice facoltà, ma di un vero e proprio obbligo legale, che serve a garantire che ogni decisione sull’affidamento venga presa nell’interesse reale del minore, non solo in base alle pretese dei genitori.

Quando il Giudice Deve Ascoltare i Figli nelle Cause di Affido: Obbligo Legale e Importanza

Il diritto del minore a essere ascoltato

Il diritto del minore a essere ascoltato in tutte le procedure che lo riguardano è sancito sia dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989, sia dalla Convenzione di Strasburgo del 1996.

In Italia, questo principio è stato recepito e rafforzato dall’articolo 315-bis del Codice Civile, che riconosce ai figli il diritto di essere ascoltati nei procedimenti che li riguardano, e dall’articolo 336-bis c.c., che stabilisce le modalità con cui questo ascolto deve avvenire.

L’obiettivo è semplice ma essenziale: dare voce al minore, permettendogli di esprimere liberamente il proprio punto di vista, le proprie paure, i propri desideri e le proprie preferenze rispetto alla nuova organizzazione familiare.

Quando l’ascolto è obbligatorio

Il giudice deve ascoltare i figli ogni volta che siano maggiori di 12 anni o abbiano una capacità di discernimento sufficiente, anche se più piccoli. Ciò significa che l’obbligo non dipende solo dall’età anagrafica, ma anche dal grado di maturità dimostrato dal minore: ci sono bambini di 10 o 11 anni già in grado di esprimersi in modo consapevole, e altri più grandi che invece non sono ancora pronti a sostenere un colloquio giudiziario.

L’ascolto diventa quindi un atto dovuto in tutti i procedimenti che riguardano:

  • l’affidamento dei figli;

  • la collocazione prevalente (cioè dove vivranno stabilmente);

  • le modalità di visita e di frequentazione del genitore non convivente;

  • le decisioni su educazione, istruzione, salute o trasferimento di residenza.

Il giudice può omette l’ascolto solo in casi eccezionali, quando ritiene che esso possa arrecare un danno psicologico al minore o quando la sua audizione risulta inutile perché già è stata svolta da un esperto o da un consulente tecnico d’ufficio (CTU). In ogni caso, l’omissione deve essere motivata nella sentenza.

 Come avviene l’ascolto del minore

L’ascolto non è un interrogatorio, ma un incontro protetto e rispettoso, condotto in modo da mettere il minore a suo agio e permettergli di esprimersi liberamente.

Può avvenire in due modi:

  • direttamente dal giudice, che incontra il minore in un ambiente informale, spesso alla presenza di un esperto psicologo;

  • indirettamente, tramite un consulente nominato dal tribunale che raccoglie le dichiarazioni del minore e le riporta in una relazione.

Durante il colloquio, il bambino o il ragazzo viene informato in modo chiaro e comprensibile sul motivo dell’ascolto, senza pressioni o suggerimenti. Le sue parole vengono riportate nel fascicolo, ma non sempre trascritte integralmente: il giudice può riassumerne il contenuto, evidenziando gli aspetti più rilevanti per la decisione.

L’ascolto non serve per “scegliere da che parte stare”, ma per comprendere il punto di vista del figlio e valutarlo insieme agli altri elementi del processo.

Perché è importante ascoltare i figli

L’ascolto del minore ha una forte valenza psicologica e giuridica. Da un lato, permette di coinvolgere il bambino nelle decisioni che lo riguardano, evitando che si senta oggetto di contesa o di imposizioni. Dall’altro, aiuta il giudice a comprendere meglio la situazione familiare reale, andando oltre le dichiarazioni dei genitori, spesso condizionate da tensioni o conflitti personali.

Un figlio ascoltato si sente riconosciuto e rispettato, e questo contribuisce ad attenuare l’impatto emotivo della separazione.
Inoltre, le sue parole possono rivelare aspetti che i genitori tacciono: legami affettivi, paure, o situazioni di disagio che meritano attenzione.

Cosa succede se il giudice non ascolta il minore

Se l’ascolto del minore è obbligatorio e il giudice lo omette senza motivazione, la decisione può essere impugnata. La Corte di Cassazione, con diverse sentenze, ha infatti stabilito che la mancata audizione del figlio rappresenta una violazione del diritto del minore a essere ascoltato, e può comportare l’annullamento della sentenza.

In altre parole, se un tribunale decide sull’affidamento o sulla collocazione senza aver ascoltato un figlio che ha più di 12 anni o è ritenuto maturo, la decisione è viziata e può essere contestata.

Il ruolo dei genitori

I genitori non devono vivere l’ascolto come una minaccia o una prova di forza. È un momento delicato che va gestito con tatto e rispetto, spiegando al figlio che non deve “schierarsi” ma semplicemente raccontare come si sente.

Mettere il bambino sotto pressione o cercare di influenzarlo prima dell’audizione può essere controproducente e dannoso, sia sul piano emotivo che legale.

Il compito dei genitori è favorire un clima sereno e collaborativo, affinché il minore possa parlare liberamente, sapendo che la sua opinione sarà presa in considerazione ma non sarà l’unico elemento su cui si baserà la decisione.

Quando il Giudice Deve Ascoltare i Figli nelle Cause di Affido: Obbligo Legale e Importanza

L’ascolto dei figli nelle cause di affido non è un atto formale, ma una garanzia fondamentale del loro diritto a partecipare alle scelte che li riguardano. Il giudice ha il dovere di ascoltarli, salvo rare eccezioni, e di tenere conto delle loro opinioni nel rispetto della loro età e maturità.

Questa pratica, oltre a essere un obbligo giuridico, rappresenta un passo importante verso un approccio più umano e consapevole alla giustizia familiare, che mette finalmente al centro il benessere del minore e la sua voce, troppo spesso ignorata nei conflitti tra adulti.

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