Dal 1° gennaio 2026 entreranno in vigore le novità introdotte dalla Legge n. 106 del 18 luglio 2025, che amplia le tutele per i lavoratori con patologie oncologiche, croniche o invalidanti, includendo finalmente anche autonomi e professionisti titolari di Partita IVA.
Si tratta di una riforma storica, che riconosce il diritto alla sospensione dell’attività lavorativa per motivi di salute anche a chi non è dipendente, superando una mancanza che esisteva da decenni nel sistema italiano.
Legge 106: Congedo per Partite IVA e Professionisti dal 2026
Cosa prevede la Legge 106/2025
La legge introduce un sistema di congedi e permessi differenziati per dipendenti e per lavoratori autonomi.
Per i dipendenti pubblici e privati sono previsti:
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10 ore aggiuntive di permessi retribuiti all’anno per visite, terapie o trattamenti medici;
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Un congedo straordinario non retribuito fino a 24 mesi, durante il quale il posto di lavoro è conservato;
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Priorità nel lavoro agile (smart working) al momento del rientro, per favorire il reinserimento lavorativo.
Per gli autonomi e i professionisti, invece, viene introdotta la possibilità di sospendere temporaneamente l’attività lavorativa fino a un massimo di 300 giorni l’anno, continuativi o frazionati, mantenendo la propria posizione contributiva attiva.
Congedo per Partite IVA: come funziona
La grande novità della Legge 106 è proprio il congedo per i lavoratori autonomi, una misura mai prevista prima.
Potranno usufruirne:
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i professionisti iscritti agli ordini (avvocati, architetti, medici, ingegneri, ecc.);
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i lavoratori autonomi con Partita IVA;
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i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione Separata INPS.
La sospensione è concessa in presenza di patologie oncologiche, croniche o invalidanti e consente di interrompere temporaneamente l’attività senza perdere i propri diritti previdenziali.
Durata e caratteristiche del congedo
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Il congedo può durare fino a 300 giorni per anno solare, anche non consecutivi.
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Durante questo periodo, il lavoratore non svolge attività professionale e non percepisce compensi.
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La posizione previdenziale resta aperta, ma non vengono accreditati contributi per i mesi di sospensione, salvo il caso in cui il professionista decida di versarli volontariamente per evitare “buchi” contributivi.
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Non si tratta di un’indennità o di un sostegno economico diretto, ma di una tutela legale e previdenziale che consente di fermarsi senza subire penalizzazioni sul piano fiscale o professionale.
Effetti sui rapporti professionali
La sospensione dell’attività non comporta automaticamente la cessazione dei rapporti con i clienti o committenti. Tuttavia, per i contratti di collaborazione continuativa, la legge lascia aperta la possibilità che il committente possa recedere se la sospensione compromette l’interesse o la continuità del servizio.
Per questo motivo, è consigliabile che i professionisti:
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comunichino per tempo la sospensione ai clienti;
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prevedano nei contratti clausole di sospensione per motivi di salute;
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stabiliscano modalità di ripresa dell’attività al termine del congedo.
Chi può accedere al congedo
Il diritto al congedo è riconosciuto ai lavoratori autonomi che rientrano in una delle seguenti categorie:
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soggetti affetti da patologie oncologiche o che seguono cicli terapeutici intensivi;
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soggetti con patologie croniche o invalidanti riconosciute dall’autorità sanitaria competente;
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persone con una percentuale di invalidità pari o superiore al 74%, come previsto dalle normative sulla disabilità civile.
Per accedere alla sospensione dell’attività, è necessario presentare una certificazione medica ufficiale rilasciata da una struttura pubblica o da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale.
Come si richiede la sospensione
Le modalità operative saranno definite da appositi decreti attuativi, ma la procedura seguirà verosimilmente queste fasi:
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Richiesta di certificazione medica, attestante la patologia e la necessità di sospendere temporaneamente l’attività.
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Comunicazione all’INPS o alla cassa professionale di appartenenza, specificando la durata prevista della sospensione.
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Notifica ai clienti o committenti, per trasparenza e correttezza professionale.
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Eventuale scelta di versare la contribuzione volontaria, per mantenere la continuità previdenziale.
Dipendenti e Partite IVA: un confronto
| Aspetto | Dipendenti | Autonomi / Professionisti |
|---|---|---|
| Permessi retribuiti | +10 ore annue per visite o terapie | Non previsti |
| Congedo straordinario | Fino a 24 mesi, non retribuito, posto garantito | Fino a 300 giorni, non retribuito, attività sospesa |
| Smart working | Priorità al rientro | Non applicabile |
| Contributi previdenziali | Congedo coperto da contribuzione volontaria | Posizione attiva, ma senza accrediti automatici |
| Certificazione medica | Necessaria | Necessaria |
Impatto sociale e significato della riforma
Con questa legge, l’Italia fa un passo importante verso il riconoscimento dei diritti sociali dei lavoratori autonomi. Per la prima volta, anche un libero professionista potrà sospendere la propria attività per curarsi, senza rischiare di perdere la posizione previdenziale o di incorrere in sanzioni fiscali.
La misura mira a garantire pari dignità tra lavoro dipendente e autonomo, riconoscendo che anche i freelance e i professionisti possono trovarsi in situazioni di grave difficoltà sanitaria che richiedono tempo e serenità per la cura.
Consigli pratici per i professionisti
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Programmare per tempo la sospensione, comunicando con anticipo a clienti e fornitori.
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Verificare la posizione previdenziale, valutando l’eventuale contribuzione volontaria.
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Documentare accuratamente la condizione sanitaria e conservare tutta la documentazione medica.
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Aggiornare i contratti professionali, inserendo una clausola che disciplini i periodi di sospensione.
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Pianificare il rientro graduale al lavoro, per garantire una ripresa sostenibile dell’attività.
Legge 106: Congedo per Partite IVA e Professionisti dal 2026
La Legge 106/2025 segna una svolta culturale e giuridica nel mondo del lavoro autonomo. Dal 2026, anche le Partite IVA avranno il diritto di fermarsi per motivi di salute, senza dover rinunciare alla propria attività o mettere a rischio la posizione previdenziale.
Non si tratta solo di una misura sanitaria, ma di un passo verso una maggiore equità tra categorie lavorative, riconoscendo che la tutela della salute è un diritto universale, indipendente dal tipo di contratto o di professione.
