Il Tribunale civile di Asti ha emesso una sentenza di grande rilievo il 26 settembre 2024, riconoscendo ufficialmente un nesso di causalità tra il vaccino anti-Covid e una grave neuropatia sviluppata da una donna di 52 anni residente ad Alba, in provincia di Cuneo.
La decisione, che ha portato alla condanna del Ministero della Salute al pagamento di un indennizzo mensile di 3.000 euro, rappresenta uno dei casi più significativi in Italia sul tema dei danni da vaccino anti-Covid, e segna un precedente che potrebbe influenzare future controversie simili.
Danni da vaccino Covid: il Ministero condannato a pagare indennizzo di 3.000 euro al mese
Il caso della donna di Alba
La protagonista della vicenda è una tabaccaia di Alba, che nel corso del 2021 ha ricevuto due dosi del vaccino Comirnaty (Pfizer-BioNTech), somministrate nell’ambito della campagna vaccinale nazionale.
Pochi mesi dopo la seconda inoculazione, la donna ha iniziato a manifestare disturbi neurologici progressivi, tra cui difficoltà motorie, formicolii e perdita di sensibilità agli arti inferiori. La situazione è rapidamente peggiorata fino a renderle impossibile svolgere la sua attività lavorativa.
Nel febbraio 2022, è stata ricoverata d’urgenza presso una struttura sanitaria della zona, dove le è stata diagnosticata una mielite infiammatoria trasversa, una patologia rara e grave che comporta l’infiammazione del midollo spinale e può causare paralisi parziali o totali.
La perizia medica e la dimostrazione del nesso causale
In un primo momento, la domanda di indennizzo ai sensi della Legge n. 210 del 1992 — che tutela chi ha subito danni irreversibili da vaccinazioni obbligatorie — era stata respinta dal Ministero della Salute, che non riteneva sussistente un legame tra la vaccinazione e la malattia.
La situazione è cambiata radicalmente dopo la perizia medico-legale disposta dal Tribunale di Asti. Gli esperti nominati dal giudice hanno analizzato in modo approfondito la cronologia degli eventi clinici, i referti sanitari, gli esami diagnostici e la letteratura scientifica più recente in materia di eventi avversi da vaccino.
Dalla relazione peritale è emerso che:
-
la mielite trasversa si è manifestata in stretta prossimità temporale alla seconda dose del vaccino;
-
la paziente non presentava patologie pregresse che potessero spiegare l’insorgenza della malattia;
-
i dati dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) hanno documentato casi analoghi segnalati a livello nazionale e internazionale dopo la vaccinazione con mRNA.
Sulla base di questi elementi, il tribunale ha riconosciuto l’esistenza di un nesso causale probabile tra la vaccinazione e la neuropatia, stabilendo che la donna ha diritto all’indennizzo previsto per i soggetti danneggiati da trattamenti sanitari obbligatori o raccomandati.
L’indennizzo riconosciuto: non un risarcimento, ma un sostegno assistenziale
Il giudice ha condannato il Ministero della Salute a versare un indennizzo mensile di 3.000 euro, rivalutabile annualmente, a favore della donna.
È importante chiarire che questo importo non costituisce un risarcimento del danno civile, ma un beneficio economico previsto dalla Legge n. 210/1992, che ha natura assistenziale e non risarcitoria.
La normativa prevede infatti che chi subisce danni permanenti a causa di vaccinazioni obbligatorie o raccomandate possa ottenere un contributo economico, indipendentemente dalla colpa del produttore o dello Stato.
Il risarcimento vero e proprio, invece, presuppone la dimostrazione di una responsabilità diretta — ad esempio del Ministero o della casa farmaceutica — e richiede una causa civile separata, spesso più lunga e complessa.
La Legge n. 210/1992: il quadro normativo di riferimento
La Legge 25 febbraio 1992, n. 210, riconosce il diritto a un indennizzo per coloro che abbiano subito danni irreversibili in seguito a:
-
vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza;
-
trasfusioni di sangue o somministrazione di emoderivati infetti.
Con la successiva Legge n. 229/2005, è stato esteso il diritto anche a chi si è sottoposto a vaccinazioni raccomandate da autorità sanitarie pubbliche, come nel caso della campagna anti-Covid.
Ciò significa che, pur non essendo formalmente obbligatorio per tutti, il vaccino anti-Covid è stato raccomandato in modo generalizzato dallo Stato, motivo per cui chi ha subito danni gravi può rientrare tra i beneficiari dell’indennizzo.
Le implicazioni della sentenza
La sentenza del Tribunale di Asti non è solo un riconoscimento individuale, ma anche un precedente giuridico di grande valore. Pur trattandosi di una decisione di primo grado — e quindi ancora impugnabile — essa potrebbe influenzare l’orientamento dei tribunali italiani nei numerosi procedimenti pendenti relativi a presunti danni da vaccino anti-Covid.
Le implicazioni principali sono due:
-
Riconoscimento del diritto all’indennizzo anche per vaccinazioni raccomandate:
la sentenza ribadisce che la tutela prevista dalla Legge 210/1992 non si applica solo alle vaccinazioni obbligatorie, ma anche a quelle raccomandate nell’interesse della collettività. -
Valorizzazione del principio del nesso di causalità scientifica:
il tribunale ha dato peso al rapporto temporale e ai dati scientifici disponibili, dimostrando che non serve una certezza assoluta per riconoscere il diritto, ma una probabilità qualificata basata su evidenze oggettive.
Possibili sviluppi e impatto su altri casi
La decisione del giudice astigiano potrebbe spianare la strada a nuove richieste di indennizzo, sia da parte di cittadini che hanno riportato danni neurologici, cardiaci o immunologici, sia da chi ha avuto conseguenze meno gravi ma permanenti.
Al momento, secondo i dati del Ministero della Salute e dell’AIFA, decine di domande di indennizzo sono ancora in attesa di valutazione o in corso di contenzioso in tutta Italia.
La sentenza di Asti potrebbe fornire una base giuridica più solida per altri tribunali, rendendo più probabile il riconoscimento dei diritti dei cittadini danneggiati.
Va comunque ricordato che ogni caso è unico: la valutazione medico-legale individuale resta determinante per accertare l’effettiva connessione tra il vaccino e la patologia insorta.
In sintesi
La sentenza del Tribunale civile di Asti del 26 settembre rappresenta un precedente rilevante nel panorama giuridico italiano in materia di danni da vaccino. Riconoscendo il legame tra la vaccinazione anti-Covid e una grave neuropatia, il tribunale ha riaffermato il diritto all’indennizzo come forma di tutela dello Stato verso i cittadini che si sono sottoposti a trattamenti sanitari raccomandati per il bene collettivo.
Pur non essendo una condanna risarcitoria, la decisione ha un forte valore simbolico e sociale:
-
tutela la fiducia dei cittadini nelle istituzioni sanitarie,
-
rafforza il principio di responsabilità pubblica nella prevenzione,
-
e apre la strada a una maggiore attenzione giuridica e scientifica sui casi di eventi avversi post-vaccinazione.
